Il disturbo ossessivo compulsivo

La conoscenza dei disturbi ossessivi è relativamente recente rispetto ad altre psicopatologie come l’isteria, la melanconia e la follia. Il motivo di tale “ritardo” potrebbe stare nel fatto che facilmente i disturbi ossessivi, quando si evidenziano, possano confondersi con modalità comportamentali socialmente condivise quali modalità di tipo igienico, scaramantico o di tipo religioso legate al peccato. Il termine “ossessione”, dal latino obsidēre con significato di “assediare”, aveva assunto nella letteratura cristiana del Medioevo il significato socialmente riconosciuto di tormento o assedio da parte del diavolo. Solo nell’età moderna è stato possibile riconoscere, in particolare grazie al contributo della psicoanalisi, che il demone di cui si parlava nel Medioevo, era in realtà interno, per cui l’ossessione è diventata un’idea, un pensiero, un’immagine o un’azione fantasticata che si impone nella mente del soggetto contro la sua volontà. Le ossessioni sono descritte come idee che giungono alla coscienza nonostante la volontà del paziente, che non è in grado di sopprimere, benché le riconosca prive di senso e non proprie. All’ossessione si aggiunge, poi, la “compulsione”, quale impulso ad agire, attraverso un’azione rituale, con lo scopo di attenuare lo stato d’animo che l’ossessione procura; ma, nello stesso tempo aggravando l’assedio per la sua caratteristica di obbligatorietà, non procrastinabilità e ripetitività.

Al fine di superare le varie visioni teoriche confrontatesi in età moderne, si sono sviluppati alcuni criteri diagnostici che, tuttora, le principali classificazioni utilizzano: DSM ed ICD-10. La definizione del DSM-IV riporta quattro caratteristiche fondamentali delle ossessioni, più volte sottolineate dalla letteratura classica: il carattere di incoercibilità, perché il soggetto non riesce a liberarsene; il carattere di estraneità, in riferimento al contenuto dell’ossessione, che si presenta come qualcosa di diverso dalla normale esperienza ideativa del soggetto, ritenuto quindi insensato ed incomprensibile; il carattere di persistenza ed ,infine, la coscienza di malattia, ovvero la consapevolezza dell’origine interna della malattia. Sempre per ovviare alle varie differenze teoriche, il DSM-IV ha sancito la scomparsa del termine “nevrosi ossessiva”, introdotto da Freud nel 1896, a vantaggio del termine  «Disturbo Ossessivo Compulsivo» o DOC. A tal proposito, però, è importante sottolineare il dibattito istauratosi in successione al cambiamento di termine. Infatti, sfogliando il DSM-IV, arrivando a «disturbi di personalità», si trova descritto il «Disturbo Ossessivo Compulsivo di personalità» che ha sostituito il termine “carattere ossessivo”. In Psicoanalisi, i quadri di nevrosi ossessiva e di carattere ossessivo hanno una differenza meta psicologica. Infatti, se per la nevrosi ossessiva rileviamo la centralità della regressione sadico-anale, per il carattere ossessivo rileviamo quella delle fissazioni sadico-anali. Vi sono numerose ricerche in letteratura che riportano statistiche molto alte sul DOC, che risulterebbe più diffuso di quanto non si pensi; tuttavia, dai lavori e dalle discussioni degli psicoanalisti, si evince invece che le vere nevrosi ossessive sono abbastanza rare. Probabilmente, il motivo di tale scompenso sta nel fatto che gli psicanalisti tendono a distinguere un quadro di nevrosi ossessiva rispetto a caratteri ossessivi o manifestazioni ossessive, visto che si differenziano quanto a tipo di difese, regressioni, fissazioni, dinamiche di transfert e controtransfert, modalità relazionali e di pensiero. A tal proposito, Savo Spacal (1989), nel lavoro sulla nevrosi ossessiva presente nel Trattato di psicoanalisi, opportunamente differenzia i tre quadri. Riguardo la nevrosi ossessiva, sottolinea come essa sia una psiconevrosi, caratterizzata da ossessioni e compulsioni ego distoniche, frutto del fallimento del complesso edipico, con specifiche difese e modalità di pensiero derivanti da una regressione allo stadio sadico-anale. Le ossessioni e le compulsioni, che sono il principale motivo della richiesta d’aiuto, procurano una sofferenza continua al soggetto, limitando la sua vita personale e relazionale; il carattere ossessivo, invece, viene definito come una struttura di personalità che, pur potendo essere la base caratteriali di una nevrosi ossessiva, è un quadro a sé stante, caratterizzato da fissazioni egosintoniche, ovvero non sentite dal soggetto come difformi dall’Io, derivate da un accentuato erotismo anale. Le formazioni reattive costituiscono l’elemento difensivo più specifico, nel determinare la triade caratteriale «scrupolosità ordine e pedanteria», e non la causa di richiesta d’auto, bensì gli eventuali sintomi somatici che li accompagnano. Infine, definisce le manifestazioni ossessive come una serie di sintomi o atti ossessivi che possono comparire in ogni età della vita e di diversa gravità.