Coronavirus e ansia In questo momento specifico, in conseguenza a tutto quello che sta accadendo in Italia e nel mondo, una serie di sintomi stanno entrando a far parte della nostra quotidianità. Uno dei più comuni è l’ansia. Essa può essere definita come “una reazione psicologica ed emotiva del sistema nervoso centrale in presenza di …
10 Pregiudizi sullo Psicologo
Breve viaggio alla scoperta dei falsi miti che circondano la figura dello psicologo. Lo Psicologo è per pazzi. Tra le persone che scelgono di iniziare un percorso, solo il 10% soffre di gravi disturbi psichici.La maggior parte effettua questa scelta per una problematica ben circoscritta come ansia, attacchi di panico, una difficoltà emotiva, una difficoltà …
Cosa aspettarsi da un percorso psicologico.
Lo Psicologo giusto Gli psicologi sono persone, pertanto possono “a pelle” scatenare reazioni negative (ovvero possono risultare antipatici). Sarebbe certamente utile capire se e perché lo psicologo scatena una determinata reazione, ma è pur vero che questo è possibile quando si è già instaurata una relazione. La reazione positiva o negativa nei suoi confronti non …
Il disturbo ossessivo compulsivo
La conoscenza dei disturbi ossessivi è relativamente recente rispetto ad altre psicopatologie come l’isteria, la melanconia e la follia. Il motivo di tale “ritardo” potrebbe stare nel fatto che facilmente i disturbi ossessivi, quando si evidenziano, possano confondersi con modalità comportamentali socialmente condivise quali modalità di tipo igienico, scaramantico o di tipo religioso legate al peccato. Il termine “ossessione”, dal latino obsidēre con significato di “assediare”, aveva assunto nella letteratura cristiana del Medioevo il significato socialmente riconosciuto di tormento o assedio da parte del diavolo. Solo nell’età moderna è stato possibile riconoscere, in particolare grazie al contributo della psicoanalisi, che il demone di cui si parlava nel Medioevo, era in realtà interno, per cui l’ossessione è diventata un’idea, un pensiero, un’immagine o un’azione fantasticata che si impone nella mente del soggetto contro la sua volontà. Le ossessioni sono descritte come idee che giungono alla coscienza nonostante la volontà del paziente, che non è in grado di sopprimere, benché le riconosca prive di senso e non proprie. All’ossessione si aggiunge, poi, la “compulsione”, quale impulso ad agire, attraverso un’azione rituale, con lo scopo di attenuare lo stato d’animo che l’ossessione procura; ma, nello stesso tempo aggravando l’assedio per la sua caratteristica di obbligatorietà, non procrastinabilità e ripetitività.
Al fine di superare le varie visioni teoriche confrontatesi in età moderne, si sono sviluppati alcuni criteri diagnostici che, tuttora, le principali classificazioni utilizzano: DSM ed ICD-10. La definizione del DSM-IV riporta quattro caratteristiche fondamentali delle ossessioni, più volte sottolineate dalla letteratura classica: il carattere di incoercibilità, perché il soggetto non riesce a liberarsene; il carattere di estraneità, in riferimento al contenuto dell’ossessione, che si presenta come qualcosa di diverso dalla normale esperienza ideativa del soggetto, ritenuto quindi insensato ed incomprensibile; il carattere di persistenza ed ,infine, la coscienza di malattia, ovvero la consapevolezza dell’origine interna della malattia. Sempre per ovviare alle varie differenze teoriche, il DSM-IV ha sancito la scomparsa del termine “nevrosi ossessiva”, introdotto da Freud nel 1896, a vantaggio del termine «Disturbo Ossessivo Compulsivo» o DOC. A tal proposito, però, è importante sottolineare il dibattito istauratosi in successione al cambiamento di termine. Infatti, sfogliando il DSM-IV, arrivando a «disturbi di personalità», si trova descritto il «Disturbo Ossessivo Compulsivo di personalità» che ha sostituito il termine “carattere ossessivo”. In Psicoanalisi, i quadri di nevrosi ossessiva e di carattere ossessivo hanno una differenza meta psicologica. Infatti, se per la nevrosi ossessiva rileviamo la centralità della regressione sadico-anale, per il carattere ossessivo rileviamo quella delle fissazioni sadico-anali. Vi sono numerose ricerche in letteratura che riportano statistiche molto alte sul DOC, che risulterebbe più diffuso di quanto non si pensi; tuttavia, dai lavori e dalle discussioni degli psicoanalisti, si evince invece che le vere nevrosi ossessive sono abbastanza rare. Probabilmente, il motivo di tale scompenso sta nel fatto che gli psicanalisti tendono a distinguere un quadro di nevrosi ossessiva rispetto a caratteri ossessivi o manifestazioni ossessive, visto che si differenziano quanto a tipo di difese, regressioni, fissazioni, dinamiche di transfert e controtransfert, modalità relazionali e di pensiero. A tal proposito, Savo Spacal (1989), nel lavoro sulla nevrosi ossessiva presente nel Trattato di psicoanalisi, opportunamente differenzia i tre quadri. Riguardo la nevrosi ossessiva, sottolinea come essa sia una psiconevrosi, caratterizzata da ossessioni e compulsioni ego distoniche, frutto del fallimento del complesso edipico, con specifiche difese e modalità di pensiero derivanti da una regressione allo stadio sadico-anale. Le ossessioni e le compulsioni, che sono il principale motivo della richiesta d’aiuto, procurano una sofferenza continua al soggetto, limitando la sua vita personale e relazionale; il carattere ossessivo, invece, viene definito come una struttura di personalità che, pur potendo essere la base caratteriali di una nevrosi ossessiva, è un quadro a sé stante, caratterizzato da fissazioni egosintoniche, ovvero non sentite dal soggetto come difformi dall’Io, derivate da un accentuato erotismo anale. Le formazioni reattive costituiscono l’elemento difensivo più specifico, nel determinare la triade caratteriale «scrupolosità ordine e pedanteria», e non la causa di richiesta d’auto, bensì gli eventuali sintomi somatici che li accompagnano. Infine, definisce le manifestazioni ossessive come una serie di sintomi o atti ossessivi che possono comparire in ogni età della vita e di diversa gravità.
Patologie del sonno
Accade che il sonno diventi difficoltoso, impossibile o accidentalmente ridotto, (per malattia o per altro); il poligrafo registrerà allora elementi di disturbo al sonno stesso, che sveglieranno il dormiente e generando nello stesso tutto quanto viene definito “insonnia”. Insonne è chi si affatica ad addormentarsi o chi si sveglia più volte durante la notte, ma anche chi insegue risvegli precoci al mattino (il 50 % degli italiani tra anziani e adulti è affetto da questo disturbo). E’ ufficialmente diffusa l’opinione di esperti che identificano l’insonnia come un fedele compagno di soggetti quotidianamente affaticati dal lavoro o oberati di responsabilità familiari.
In questi periodi aumentano infatti ansie e depressioni, tipicamente associate all’insonnia; inoltre certi cambiamenti fisiologici significativi possono provocare rotture nei ritmi normali nel sonno. Spesso l’insonnia non arriva di colpo: comincia con crisi ricorrenti, che poi diventano persistenti e infine croniche. Per questo i medici ritengono che sia importante cogliere in tempo i primi sintomi e intervenire in modo da non permettere alla spirale dell’insonnia di instaurarsi e imprigionare l’individuo.
E’ certo, altresì, che il dormire “male” aumenta con l’età. Negli USA soffre di insonnia l’8 % dei giovani tra i 15 e i 29 anni; questa percentuale però sale dopo i sessant’anni e cresce di più nella “quarta età”. Con l’invecchiamento, infatti, nel corpo umano accadono parecchie cose dal punto di vista sia fisiologico che patologico: molte disfunzioni e malattie influenzano, a volte seriamente, la quantità e la qualità del sonno. Ancora con l’età cambia il tempo d’addormentamento e la capacità di dormire senza interruzioni; i risvegli ricorrenti aumentano e diventano di maggiore durata.
Ci sono poi le patologie. Insonnia e patologie hanno un rapporto a doppio binario, nel senso che se è vero che certe malattie possono provocare l’insonnia, è ancora più vero che l’insonnia può favorire l’insorgere di certe malattie e moltissimi, tra i disturbi del sonno che provocano alcune patologie, non vengono riconosciuti e curati. Tra questi c’è la narcolessia dal greco “narkè” (torpore) e “leipsis” (mancanza), la narcolessia è una malattia che si presenta con diverse varianti. Il dato comune, comunque, è la grande sonnolenza durante il giorno; una sonnolenza prorompente e irresistibile che fa addormentare il paziente ovunque si trovi. A tale sonnolenza possono accompagnarsi forme più o meno gravi di cataplessia: cioè nel corpo si verifica una improvvisa debolezza muscolare che provoca, al soggetto narcolettico, l’immediata caduta a terra. Il soggetto è spesso cosciente di quanto gli sta accadendo ma non è mai in grado di rispondere e reagire perché paralizzato. Altre volte, invece, piomba direttamente nel sonno paradosso, con sogni allucinanti.
Questa strana sonnolenza e questi attacchi di sonno improvvisi e imperiosi sono più o meno dipendenti dal fatto che il soggetto abbia, o non, dormito la notte precedente. Essi, strano a dirsi, sono solitamente scatenati da una forte emozione, o da qualcos’altro che non è stato ancora bene identificato. Una sola cosa è certa: la narcolessia si produce a livello dei sistemi di regolazione del sonno paradosso, e ci sono abbondanti prove che questa malattia sia associata ad un fattore genetico.
Secondo un’ipotesi, il danno sarebbe dovuto a un meccanismo auto-immunitario: cioè l’organismo, reagendo contro una infezione virale, provocherebbe lesioni anche in una parte del cervello, quella che regola il sonno REM. Nonostante ciò, nessuno tra i più illustri studiosi si sente di ammettere pienamente che la narcolessia possa essere una malattia ereditaria in senso stretto; anche se è stata provata una correlazione con i parenti di primo grado.
Tra l’altro va anche detto che la narcolessia è stata osservata anche in alcuni animali, come ad esempio i cani. La poca conoscenza della malattia, purtroppo, non consente di fornire al momento cure adeguate; tuttavia l’attacco di cataplessia può essere attualmente curato abbastanza bene con alcuni farmaci, a differenza dell’attacco di sonno che è più difficile da trattare o controllare.