Lo Psicologo giusto
Gli psicologi sono persone, pertanto possono “a pelle” scatenare reazioni negative (ovvero possono risultare antipatici). Sarebbe certamente utile capire se e perché lo psicologo scatena una determinata reazione, ma è pur vero che questo è possibile quando si è già instaurata una relazione. La reazione positiva o negativa nei suoi confronti non fa molta differenza sul piano clinico, visto che non sarà un vostro amico; tuttavia potrebbe allungare un po’ i tempi di formazione di alleanza terapeutica[1]. Pertanto è meglio se la prima impressione “a pelle” è positiva in quanto il legame di fiducia che deve instaurarsi è molto importante per la riuscita del percorso.
La scelta dello psicologo non è una scelta per la vita, se non dovesse essere lo psicologo giusto hai tutto il diritto di cercarne un altro. Voler cambiare è normale, uno psicologo che ha risultati con una persona non vuol dire che raggiunga gli stessi risultati con un’altra.
Non si deve piacere allo psicologo
E’ naturale voler piacere alle persone, tuttavia non ci si deve modulare per compiacere allo psicologo. Modulare la voce, elogiare cambiamenti che nella realtà non ci sono, la paura di annoiare o voler far ridere lo psicologo. Assolutamente no! E’ un professionista lì per aiutarti e non per farsi intrattenere. Pertanto siate voi stessi al 100%.
Sincerità al primo posto.
Essere completamente sinceri è un requisito fondamentale. Qualsiasi cosa direte, confessate o desiderate lo psicologo non vi giudicherà mai. Superate la vergogna e l’imbarazzo e come un tuffo raccontate! Qualsiasi cosa possiate mai dire vi assicuro che ha sentito di peggio. Inoltre nascondere è controproducente perché così non riuscirà ad aiutarvi. Ci saranno argomenti che non vi sentirete pronti ad affrontare e basterà semplicemente dire “non me la sento”. Infine se senti che il percorso si è arenato, comunicalo! Lavorerete insieme sulle motivazioni o sul da farsi.
Obiettivi.
Avere un’idea ben precisa sugli obiettivi da raggiungere facilita enormemente il lavoro. Certamente nel percorso possono cambiare ma avere un’idea chiara rende facile sia capire su cosa lavorare sia verificarne i risultati.
Alla fine non ricorderete cosa vi ha aiutato.
Un colloquio è un periodo di tempo dove lo psicologo e il soggetto parlano, uno scambio verbale con un che di “rivelatorio” che “magicamente” produce un cambiamento. Si analizzano eventi ipotetici e reali, passati presenti e a volte futuri, si analizzano sentimenti, strutture emotive e cognitive. Ad intervalli si fanno dei piccoli resoconti dei cambiamenti ottenuti, e quando si ottengono non si riesce a capire cosa ha effettivamente aiutato e cosa no.
Lo psicologo non ti dice cosa fare
La richiesta di consigli del genere a uno psicologo o psicoterapeuta non è rara, anzi. In linea di massima, lo psicologo evita di esprimere una sua opinione personale, non dice al paziente cosa ritenga meglio fare, non dà consigli. Innanzitutto, uno psicologo che non dà consigli si attiene a quanto stabilito dal Codice deontologico degli psicologi italiani, nel punto in cui sottolinea come lo psicologo sia tenuto ad astenersi dall’imporre il suo sistema di valori: se consiglio a un paziente di fare o non fare una cosa, lo sto di fatto spingendo a utilizzare il mio personale punto di vista sulle cose, ad adeguarsi ai miei schemi mentali e ai miei obiettivi. La mente ha bisogno del suo tempo e un consiglio corretto dato in un momento che non è quello giusto è di fatto inutilizzabile.
Ascoltare e mettere in pratica.
Non sempre il lavoro viene effettuato nello studio, in quel luogo si elabora, si parla, si riconoscono modalità e pensieri disfunzionali, ma il vero lavoro si mette in pratica quando il paziente esce dalla stanza. Per produrre un cambiamento è necessario che il soggetto applichi ciò che si è elaborato durante il colloquio; capita che lo psicologo dia dei “compiti o esercizi”, che possano riguardare il riflettere su qualcosa o comportamenti da mettere in atto. É necessario che chi intraprenda un percorso capisca non è utile scaricare la totale responsabilità del cambiamento in quell’ora alla settimana e solo sullo psicologo, perché altrimenti non vedrà mai dei cambiamenti. Se insieme concordate un piano, che possa essere ad esempio andare a letto presto, scrivere i vostri pensieri o prendervi una pausa dai social, dovete seguire quel piano. Non dovete pensare che siano esercizi stupidi o inutili, perché c’è un motivo per ogni cosa. Dovrete fidarvi.
Lo psicologo non prevede il futuro.
“Dottoressa è successo, come faceva a saperlo?”. Lo psicologo non prevede il futuro, può fare delle ipotesi, e qualche volta si rivelano corrette, questo non perché abbia una sfera di cristallo, ma semplicemente perché riuscendo a capire le modalità di pensiero e di comportamento di una persona è più semplice prevederne le conseguenze.
Il percorso ti cambia.
Altra considerazione da fare riguarda il cambiamento. Quando un percorso termina non è mai gli stessi di quando si è iniziato. Consapevolezze, obiettivi, desideri, pensieri, comportamenti ed emozioni, tutto si trasforma. Per questo a volte è necessario rimandare le decisioni importanti al termine del percorso, ma è importante attendere per capire se la scelta che si voleva intraprendere è la stessa di quella iniziale. Tutti noteranno il cambiamento, amici, parenti, colleghi e compagni. Ma non dovrete essere spaventati, il cambiamento è sempre positivo (per voi ovviamente).
Queste, a mio avviso, sono alcune delle “consapevolezze” necessarie a chiunque decida intraprendere un percorso.
Non siate spaventati, siate curiosi e portate con voi la voglia di cambiare e migliorare.
[1] Alleanza terapeutica: il tipo di legame affettivo che si costituisce fra i psicologo e paziente, caratterizzato da fiducia e rispetto.