Criminologia e Psicologia Giuridica

Serial Killer

Uno dei fenomeni più interessanti della criminologia è caratterizzato dallo studio del “serial killer”, denominazione anglo-americana che in lingua italiana significa “assassino seriale”, nel 1957 venne usato il binomio di “chain killer” per denominare una catena di omicidi ma l’espressione “serial killer” venne utilizzata nel 1970 dall’agente speciale dell F.B.I. Robert Ressler. Il termine aveva principalmente lo scopo di distinguere il comportamento di chi uccide ripetutamente nel tempo con pause di raffreddamento, dagli omicidi plurimi che si rendono colpevoli di stragi.

Nonostante non esista una definizione univoca di assassino seriale, c’è accordo sul definirlo come <<individuo che sulla base di un’associazione di motivazioni quali potere, sesso, dominazione e morte, commette ripetutamente,in differenti locazioni ed in un arco di tempo variabile, più omicidi >>. Tecnicamente si considera “serial killer” chi compie tre o più omicidi distribuiti in un arco relativamente lungo di tempo, intervallati da periodi di “raffreddamento emozionale” (cd.” Cooling off period”) durante i quali il serial killer conduce una vita sostanzialmente normale. Differenziamo il serial killer per alcuni aspetti infatti esiste anche lo spree killer ovvero assassino compulsivo che commette omicidi di due o più persone in un lasso di tempo molto breve, in luoghi differenti ma contigui; poi c’è il mass murder o assassino di massa che uccide quattro o più persone nello stesso luogo e nello stesso episodio,egli è il tipico esaltato che vuole mandare un messaggio alla società e per farlo è disposto a sacrificarsi, in quanto non crede di uscire illeso dall’episodio.

  • Caratteristiche tecniche del “serial killer”

Dall’analisi del delitto si possono ricavare alcune caratteristiche di base dell’assassino seriale:

– MODUS OPERANDI: Esso comprende tutte le modalità ed i mezzi utilizzati per portare a termine gli omicidi e comprende anche i criteri di individuazione, cattura e uccisione della vittima. Il modus operandi varia con il tempo perché , con la pratica, l’assassino migliora la tecnica e riduce i rischi di essere identificato. È sempre presente negli omicidi seriali anche se è importante considerare che più assassini seriali possono avere lo stesso modus operandi. Ne consegue che esso risponde alla domanda “come” un crimine si è consumato.

– LA SIGNATURE: Chiamata anche “firma” è un elemento non necessario ai fini del delitto quindi non sempre presente, bensì comprende tutto ciò che deve mettere in atto l’assassino per raggiungere il proprio “appagamento”, cioè un soddisfacimento psicologico dell’assassino, ne consegue che è costante in ogni delitto e non varia negli anni; c’è da sottolineare che esso è un elemento piuttosto raro nella vita reale. La signature risponde alla domanda del “perché” il crimine è stato consumato.

– LO STAGING: Lo staging o in italiano “messa in scena” è l’ alterazione della scena del crimine da parte dell’assassino al fine di sviare le indagini. Il motivi di tale comportamento sono due: depistare le indagini è quella più plausibile, l’altra viene applicata soprattutto per i delitti sessuali che per errore portano alla morte del soggetto.

– L’UNDOING: Rappresenta la modificazione del luogo del delitto, ma questa volta è visto come un rimorso dell’assassino che si rende conto di ciò che ha fatto e allora può coprire il volto della vittima, spostarne il corpo o cercare di dargli dignità posizionandolo in modo diverso da come l’avrebbe dovuto trovare la polizia.

C’è però una caratteristica comune a tutti i serial killer ;la serialità, da cui il nome stesso deriva. Dopo l’omicidio si assiste ad una fase chiamata cooling off period nel quale l’assassino si sente emotivamente appagato anche nel solo ricordare l’atto omicidiario, rielaborando le emozioni vissute. Secondo alcuni autori come Wilson il serial killer entra in un cd. “circolo vizioso”, ovvero egli fantastica sull’omicidio poi mette in atto questa fantasia e prova un’intensa sensazione di potere così che, esaurito il periodo di raffreddamento emotivo, egli riprende ad uccidere.

  • La nascita dell’istinto omicida

Secondo Paolo De Pasquali Il fattore che sta alla base del comportamento omicidiario seriale è: la necromania cioè una perversione dell’istinto della vita che determina un interesse patologico per la morte, esperito mediante il dare la morte e il successivo contatto con il cadavere. Secondo la teoria di Marco Strano la nascita dell’istinto omicida nei serial killer attraversa 5 fasi:

  1. Fase della pulsione-motivazione omicidiaria; nasce nel soggetto l’idea della commissione dell’omicidio
  2. Fase della fantasia omicidiaria; il soggetto comincia a fantasticare sulla possibilità di commettere l’omicidio, in questa fase spesso l’impulso omicidiario si interrompe in quanto il soggetto giudica irrealizzabile il suo “piano”.
  3. Fase dell’anticipazione mentale degli effetti dell’azione omicidiaria; in tale fase il soggetto anticipa le possibili conseguenze dell’atton sia positive che negative, e comincia a vivere mentalmente l’ “atmosfera dell’omicidio”
  4. Fase della progettazione omicidiaria; il soggetto sceglie i metodi, i luoghi e gli stumenti adatti al fine delittuoso.
  5. Fase dell’esecuzione dell’omicidio; in cui il soggetto attua le sue fantasie, ovviamente questa è la fase di maggior carica emotiva del killer.
  •  Tipologie di serial killer

Prima di poter elencare le tipologie di assassino seriale dobbiamo specificare il criterio in base a cui catalogare; quindi prima di tutto dobbiamo fare una differenza tra la categorizzazione in base al modus operandi ed in base alla motivazione che spinge a diventare un serial killer. Riguardo le motivazioni la criminologia moderna ha individuato quattro categorie:

  •  MISSIONARIO: afferma di uccidere per motivi etico-morali come se la sua fosse una “missione”. Predilige vittime di una determinata categoria ad esempio omosessuali o prostitute, solitamente la categoria scelta è quella che ha, nella sua vita privata, avuto un forte impatto negativo, questa idea rafforza la convinzione di svolgere un bene per l’umanità, gli evita quindi di poter percepire alcun tipo di rimorso e andrà avanti finchè non sarà catturato. Un esempio emblematico è quello di Pedro Alfonso Lopez, venditore ambulante colombiano accusato di 310 omicidi. 100 bambine seviziate e strangolate in Colombia, altrettante in Perù, 110 in Ecuador, dove, colto sul fatto, fu arrestato. Lo strangolatore delle Ande si definiva un liberatore. “Le ho soppresse per liberarle dalle sofferenze che subivano nella vita terrena” ha riferito, calmo, durante una dettagliata confessione.
  •  EDONISTA: è colui che uccide per il puro piacere di farlo,esso può essere spinto da una componente sessuale, nel qual caso parleremo di “lust killer” per la quale esiste uno strettissimo legame tra il raggiungimento dell’orgasmo e la morte della vittima. A questo si accompagnano spesso altre parafilie post-mortem come il cannibalismo o la necrofilia dalla quale il serial killer non può prescindere e non può farne a meno. Un’ultima sottocategoria sono i “thrill killer” il cui piacere estremo è procurato dalla sfida verso le autorità ed il senso del pericolo.
  • VISIONARIO: è solitamente un individuo con gravi turbe psichiche, ad esempio la schizofrenia, che lo portano a soffrire di violente allucinazioni le quali possono essere sia visive che uditive in cui eglicrede di ricevere un messaggio divino, extraterrestre o comunque di un’entità suprema e superiore. La giustificazione che adduce alla sua condotta, è quella di un atto dovuto e di obbedienza, in funzione di un disegno superiore per il quale lui è stato scelto come tramite. Spesso si tratta di individui che hanno avuto un’educazione religiosa vigorosa e orientata al fanatismo.
  • -DOMINATORE: ha bisogno di sentire il controllo sulla propria vittima ed arriva ad ucciderla come sublimazione del controllo stesso, oppure perchè, essendo spesso un individuo socialmente inadeguato, non ha altro modo per poter controllarla e poterne disporre a suo piacimento. Spesso utilizza droghe o alcool per neutralizzare le resistenze. L’eventuale stupro, mutilazione e/o altri atti inflitti al cadavere hanno attinenza solo al totale controllo sulla vittima e all’idea di onnipotenza che ha di sè stesso. In questo caso, Jeffrey Dahmer, il tristemente famoso cannibale di Milwakee è un esempio tipico. Dahmer adescava giovani omosessuali, li portava prima a casa sua dove li teneva in uno stato di incoscienza per un periodo di tempo nel quale li torturava e seviziava per poi inevitabilmente ucciderli. Per ottenere un controllo totale sulle sue vittime era andato così in là da tentare assurdi esperimenti attraverso fori nel cranio per creare degli “zombi”, schiavi sessuali ai suoi comandi.

Per quanto concerne il modus operandi invece l’ F.B.I. ha suddiviso i serial killer in due categorie:

  • ORGANIZZATO: E’ un individuo sessualmente adeguato, di intelligenza media o superiore alla norma. E’ integrato nella società e svolge lavori che richiedono abilità. Spesso occupa un alto grado di genitura (quasi sempre primogenito) ed ha avuto un’educazione in cui la disciplina era pressoche inesistente. Possiede un mezzo di trasporto in buone condizioni e, solitamente, vive con il partner. Pianifica l’aggressione, fa uso di alcool o droghe e mantiene un controllo delle emozioni durante l’atto criminoso. Esige una vittima che sia sottomessa al suo volere, sulla quale compie atti violenti prima della morte. Si rivolge ad individui sconosciuti. Trasporta la vittima in un posto che gli dia tranquillità e tende a nasconderne il cadavere. Sicuramente seguirà l’evolversi delle indagini attraverso i media. Non lascia armi o tracce sul luogo del rinvenimento del cadavere
  • DISOGRANIZZATO: Sessualmente inadeguato e di intelligenza inferiore alla norma. Quasi sempre estromesso dal contesto sociale, svolge lavori preferibilmente manuali o ripetitivi, che non richiedono specializzazione o abilità. Conosce la vittima e preferisce depersonalizzarla dopo la morte (ad esempio coprendole il volto) senza preoccuparsi di nasconderne il cadavere. Durante l’aggressione perde il controllo delle emozioni, lasciando tracce o prove sulla scena. Compie spesso atti sessuali sulla vittima solo dopo la morte di quest’utlima. Vive solo e quasi sempre vicino alla scena del crimine.

Esistono però altre piccole categorie nel quale possono identificarsi molti serial killer ad esempio gli “angeli della morte”, generalmente killer di sesso femminile che lavorano in campo medico e affetti da disturbo borderline, nella maggior parte dei casi uccidono con sostanze letali ai pazienti di cui si prendono cura, solitamente bambini anziani ed invalidi. La motivazione degli angeli della morte è la liberazione dalle sofferenze dei propri pazienti anche se, spesso questi ultimi al momento del delitto non erano in condizioni gravi. Esempi possibili sono Sonia Caleffi o Harold Shipman. Passiamo poi alla categoria dei “killer professionisti”, come i sicari, questi però non possono essere considerati dei veri serial killer perché non commettono omicidi per appagamento emotivo o psicologico ma bensì per compenso monetario. Ultima categoria è quella delle “vedove nere”; generalmente donne che agiscono in modo simile al ragno che ha ispirato la loro denominazione: sposano uomini ricchi e, dopo essersi appropriate delle loro proprietà, li uccidono, solitamente avvelenandoli o simulando degli incidenti domestici; possibili esempi sono Mary Ann Cotton e Belle Gunnes.

C’è da aggiungere però che queste categorie non sono fisse, nel senso che esistono serial killer che presentano caratteristiche di due o più categorie, quindi possono essere assegnati ad entrambe. Le stesse considerazioni valgono nel caso di quei serial killers il cui movente varia da un delitto all’altro, e di quelli che non hanno un tipo di vittima preferito e nonostante essi sembrano spinti a uccidere da un “bisogno interno” in realtà provano una compulsione omicida tale, che si impone sopra qualsiasi altra considerazione razionale.

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